I pici
Ecco come prepararli e come condirli

Azienda agricola Alessandro Capitoni

Un viaggio tra mani infarinate, ricordi contadini e sapori veri
Quando dici “pici”, qui in Val d’Orcia si accende un sorriso. È una di quelle parole che non hanno solo un suono, ma portano dietro tutta una storia: di famiglia, di domeniche lente, di tavole grandi e rumorose, di nonne che impastano senza guardare l’orologio.

Oggi vi porto con me tra le colline dove il tempo sembra rallentare, per raccontarvi — passo dopo passo — come si preparano e si condiscono i pici, la pasta fatta a mano che rappresenta l’anima più vera della nostra cucina contadina.



I pici: una pasta povera, ricca di amore


I pici nascono dalla cucina povera, quella che aveva pochi ingredienti ma tanto ingegno. Farina, acqua, un pizzico di sale — e in certe famiglie nemmeno l’uovo. Un impasto semplice, che però si trasformava, tra le mani, in qualcosa di speciale.

Non servivano macchine o utensili particolari. Bastavano un po’ di tempo, un piano di legno e le mani, appunto. E una bella dose di pazienza: i pici si “appicciano” uno per uno, arrotolandoli a mano, allungandoli lentamente. È un gesto ripetitivo, quasi meditativo. E chi lo fa con amore, lo sa: ogni picio è diverso dall’altro. Come le persone.

Gli ingredienti per i veri pici fatti in casa


Se vi volete cimentare anche voi, vi lascio qui la ricetta base, come la facciamo noi.
Ingredienti per 4 persone:
• 400 g di farina 0 o 00 (oppure metà farina 0 e metà semola per una consistenza più rustica)
• 200 ml circa di acqua tiepida
• Un pizzico di sale
• (Facoltativo) Un cucchiaio d’olio extravergine d’oliva

Tip da oste: l’olio non è previsto nella versione più tradizionale, ma aiuta l’impasto a diventare più elastico. Io a volte lo metto, a volte no — dipende dall’umore!

Come si preparano i pici
1. L’impasto
Fate la classica fontana con la farina, versate l’acqua al centro con il sale (e l’olio se lo usate) e iniziate a impastare dal centro, incorporando poco a poco la farina. Lavorate per almeno 10 minuti, finché non ottenete una palla liscia e compatta. Copritela con un canovaccio e fatela riposare almeno mezz’ora. E voi, nel frattempo, godetevi il profumo della farina e magari fatevi un bicchiere di vino.

2. Appicciare!
Tagliate l’impasto in strisce larghe come un dito e iniziate a rotolarle tra le mani e la spianatoia, allungandole pian piano fino a formare uno spaghetto grosso, irregolare, lungo. I pici veri non sono mai uguali, e devono avere corpo sotto i denti. Sistemate man mano su un canovaccio infarinato, distanziandoli bene.

Ci vuole pazienza, ma è proprio questo il bello. Vi accorgerete che è quasi terapeutico.

La cottura
Portate a ebollizione abbondante acqua salata. I pici hanno bisogno di tempo per cuocere: calcolate circa 5–6 minuti, ma dipende dallo spessore. Devono essere al dente, tenaci, ma non crudi.

Consiglio da oste: se ne fate in quantità, potete anche sbollentarli un minuto, scolarli e congelarli su un vassoio. Poi via in freezer, pronti per una futura domenica di festa.

Come condirli? Con la verità.
Il picio è umile, ma sa portare con fierezza anche i sughi più importanti. Ecco i condimenti classici, quelli veri, senza fronzoli — e vi racconto anche qualche aneddoto.

Pici all’aglione
È il re dei sughi. Non è aglio qualunque, è aglione della Valdichiana: grosso, profumato, ma mai invadente. Lo schiacci, lo fai andare piano con l’olio, poi aggiungi pomodoro e lasci andare piano piano. Il segreto? Non farlo soffriggere troppo, l’aglione deve sudare, non bruciare.

Serve solo:
• Aglione (o aglio se non ne avete, ma non è la stessa cosa)
• Pomodori pelati o passata buona
• Olio extravergine d’oliva
• Sale, e volendo un pizzico di peperoncino
È un sugo che “lava la bocca”, come dicono qui. Sa di estate, di orto, di pane pulito col dito.

Pici alle briciole
Altro che caviale! Qui si va di pane raffermo, grattugiato o sbriciolato, fatto tostare nell’olio con uno spicchio d’aglio. A volte ci si mette anche un’acciughina o un pizzico di peperoncino. Croccante, dorato, profumato. È l’esempio perfetto della cucina toscana di recupero.
Fate attenzione a non bruciare il pane: deve colorarsi, ma restare fragrante. Poi saltate i pici nel tegame e via, pronti da servire. Semplicemente perfetti.

Pici cacio e pepe (alla Toscana)
Sì, lo so, i romani avranno da ridire. Ma anche da noi si fa la versione toscana, con pecorino stagionato delle Crete Senesi e abbondante pepe nero macinato al momento. La chiave è mantecare bene con l’acqua di cottura, fino a ottenere una cremina che avvolge tutto.
Ci vuole il giusto equilibrio: calore, tempo, acqua e movimento. Un po’ come nella vita.

Al sugo finto o al ragù
Chiudiamo con i grandi classici. Il sugo finto è un condimento a base di battuto (sedano, carota e cipolla) fatto andare lentamente con pomodoro — senza carne, ma con sapore pieno.
Un tempo lo facevano quando “la carne non c’era”, ma la voglia di festa sì.
Il ragù, invece, è quello della domenica, con il profumo che esce dalla cucina già di prima mattina. Fatto come si deve, lento e ricco.

I pici sono un gesto d’amore
Vi sembrerà retorico, ma i pici non sono solo un piatto: sono un rito. Un modo per stare insieme, per sporcarsi le mani, per raccontare storie mentre si arrotola la pasta. Non servono tecnologie, né grandi tecniche. Solo tempo, cura, farina e passione.
E se un giorno passate dalle mie parti, venite a trovarmi. Ci mettiamo un grembiule, ci impastiamo le mani e poi ci sediamo, magari sotto un pergolato, con un bel bicchiere di rosso e un piatto fumante.

Perché alla fine, la verità è sempre lì, in fondo a un piatto di pici: pochi ingredienti, fatti bene, con il cuore.

Alla prossima,

Alessandro

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